Il Concilio di trento e il cardinale Ercole Gonzaga

IL CONCILIO DI TRENTO E IL CARDINALE ERCOLE GONZAGA PRESIDENTE DELL’ULTIMO PERIODO (1545 – 1563)

A) La proposta di Trento come luogo dei lavori e l’impatto di quest’idea sulla Sede Apostolica
Nove anni e mezzo dovettero trascorrere dalla proclamazione ufficiale del Concilio prima che questo prendesse veramente il via, tra nuovi annunci in merito all’inizio dei lavori, interruzioni e ripetute discussioni sulla sede che avrebbe dovuto ospitarlo. Le candidature di Mantova (era stato convocato la prima volta a Mantova il 2 giugno 1536 con Bolla di Paolo III, Alessandro Farnese, “Ad Dominici gregis curam” su consiglio del Cardinale veneziano Contarini), poi Vicenza e Ferrara, sarebbero state gradite al pontefice, il quale non mancò di caldeggiarle a più riprese, ma senza successo. Ad un certo punto egli stesso dovette mettere da parte il suo atteggiamento intransigente, per accettare di ascoltare anche le indicazioni dell’imperatore e delle altre potenze politiche coinvolte. Finalmente cominciò ad essere preso in considerazione un suggerimento che Carlo V aveva avanzato già nel 1524, durante il periodo in cui le rivolte contadine nelle regioni tedesche e tirolesi preoccupavano fortemente l’imperatore, il quale si stava prodigando nei tentativi di pacificazione. Carlo aveva individuato in Trento la sede ideale per lo svolgimento di un Concilio, in quanto il territorio tridentino, che poteva essere considerato in terra italica, era dall’inizio del millennio un principato vescovile governato da rappresentanti della Chiesa, molti dei quali, tuttavia, erano stati scelti fra le famiglie dell’aristocrazia germanica ed austriaca.
Una città come Trento, quindi, rispondeva assai bene alle esigenze di neutralità che si rendevano necessarie per un incontro di quella portata. La celebre considerazione di Carlo V relativa al capoluogo del principato, “…quae etsi Germanica habeatur, re vera itala sit”, iniziava ad ottenere consensi più estesi, anche se vi erano ancora molti dignitari ecclesiastici che faticavano ad accogliere l’idea di una simile sede quale luogo ideale per lo svolgimento delle concertazioni. Da Roma la cittadina del Trentino veniva giudicata troppo piccola per un appuntamento di un tale valore storico, oltreché del tutto insalubre. Un altro personaggio di spicco che a quei tempi risultò determinante per la realizzazione di questo progetto fu il vescovo Cristoforo Madruzzo, che a soli ventisette anni succedette a Bernardo Clesio, dando il via al lungo insediamento della sua famiglia Madruzzo ai vertici del principato. Proprio i suoi illustri natali, unitamente ad un carattere affabile e facilitato a stringere amicizie nella cerchia dell’aristocrazia nobiliare, specialmente in quella di origine tedesca dalla quale discendeva per parte di madre, si rivelarono di estrema importanza. Cristoforo Madruzzo, grazie alle sue conoscenze, aveva la strada già aperta, ma ciò non esclude i suoi meriti personali: già molto giovane seppe tessere con consumata abilità quella fitta trama di relazioni presso le corti germaniche ed italiane che lo portarono a proporsi come una delle personalità più in vista fra tutte quelle che governavano i paesi d’Europa. Fondamentale fu poi la sua amicizia con il cardinal Alessandro Farnese, incaricato dal papa Paolo III, di visionare le città interessate a divenire sedi conciliari: questi, proprio agli esordi dell’episcopato madruzziano, inviò al pontefice una relazione molto positiva sulle caratteristiche del capoluogo tridentino. Anche i buoni rapporti che il Madruzzo era solito intrattenere con il vescovo di Feltre Tommaso Campegio, cui vennero affidati importanti compiti preparatori in vista del Concilio, si rivelarono assai importanti per il buon esito delle operazioni.

B) Il Concilio nelle varie fasi
Il Concilio iniziò la mattina del 13 dicembre 1545, III domenica di Avvento, partendo alle 9 e 30 dalla Chiesa della SS. Trinità in Trento, a poca distanza dalla Cattedrale di S. Vigilio. Ebbe una lunga durata: ben 18 anni fino al 4 dicembre 1563. In tre periodi distinti: 1545 – 1547 a Trento; 1551 – 1552, a Bologna; 1562 – 1563, di nuovo a Trento. Si poterono così passare ben 5 Pontificati: Paolo III, Giulio III, Marcello II, Paolo IV, Carafa e Pio IV, Giovanni Angelo Medici di Marignano. Nessun Papa vi partecipò personalmente, essi erano solamente rappresentati costantemente dai Cardinali Legati. Di circa 700 componenti l’Episcopato cattolico del XVI secolo, alla prima Sessione erano presenti in 29 Vescovi, alla seconda in 15, alla terza Sessione, la più importante, oltre 250. Tutti provenienti dall’Europa Occidentale; due terzi Italiani. Molti i Presuli spagnoli. Ben XXV furono le Sessioni generali.
Il primo periodo giunse fino al marzo 1547 con l’VIII Sessione. Una delle più importanti fu certamente la Sessione del 13 gennaio 1547 con il Decreto sulla giustificazione. Lutero, era giunto ad uno sconvolgimento dei princìpi della stessa Religione cristiano-cattolica, appellandosi alla Tesi della Lettera paolina ai Romani: ‘la giustificazione’ attraverso la sola Fede (Rm 1, 17; Eb 10, 38; Gal 3, 11). “Il giusto vivrà attraverso la fede”. Una salvezza troppo facile (San Giacomo 2, 26: “Fides sine operibus mortua est”) soprattutto se si pensa che con questa nuova Riforma chiamata luterana, e continuata con la diffusione della dottrina calvinista, veniva cancellata quasi interamente tutta la Vita Sacramentale istituita dallo stesso Cristo durante la sua vita terrena. Il sacrificio della Croce era stato sufficiente una volta per sempre alla salvezza di ciascun credente. Una battaglia che negava la partecipazione alla stessa Vita Divina ottenuta attraverso la via Sacramentale, bastando, per giungere alla salvezza, esclusivamente lo studio e la predicazione della Parola conosciuta attraverso i sacri Testi.
Precedentemente a lungo l’imperatore Carlo V, fermamente cattolico, aveva compreso la gravità della situazione e aveva fatto presente ai Pontefici Leone X, Adriano VI e Clemente VII il pericolo del momento: più volte era sceso a Bologna per incontrarsi con Papa Clemente, soprattutto per ristabilire la pace nel suo vasto impero. Già nel febbraio 1530 in occasione della sua Incoronazione a Bologna in San Petronio come Imperatore e precedentemente nel Palazzo del Comune come Re d’Italia con la corona ferrea. Poi in un secondo incontro due anni dopo nel 1532, dopo la Dieta di Augusta in Germania il 25 giugno 1530.
L’imperatore Carlo V aveva raggiunto la città di Augusta nel maggio- giugno 1530, dopo aver incoronato quale primo Duca di Mantova, Federico II Gonzaga il 25 aprile 1530 nella Piazza San Pietro, ora Sordello a Mantova. Purtroppo questi Pontefici erano lontani dal comprendere la gravità del momento, perché assai impegnati agli interessi della loro famiglia Medici e soprattutto per il suo rientro in Firenze; l’ultimo, Clemente VII ebbe a pensare a trarsi in salvo a Orvieto per la discesa dei Lanzichenecchi in Roma, giunti per effettuare il sacco e la devastazione della città eterna nel 1527.
Soprattutto si parlò a lungo sulla “stabilitas loci” sia dei Vescovi che dei parroci. Molti di questi erano nominati in una località o Diocesi o Parrocchia senza prendere mai alcun possesso né mai risiedervi. Governavano attraverso rappresentanti. Per questo motivo, spesso vi era un forte carenza della cura d’anime, mancando Pastori che fossero pienamente responsabili e sempre presenti. La prima fase del Concilio terminò nel giugno 1547. Nella stessa primavera di quell’anno la maggior parte dei Padri Conciliari si era trasferita a Bologna. Il pretesto era stato fornito da alcuni casi di tifo petecchiale, scambiati per l’inizio di una vera epidemia di peste. Nel giro di 24 ore i Conciliari avevano fatto armi e bagagli e con zattere sull’Adige, si erano trasferiti a Verona e da qui a Bologna. Contrari allo spostamento del Concilio, gli Spagnoli che erano rimasti a Trento !!! Qui vennero emanati i decreti sull’Eucarestia (Transustanziazione), sulla Penitenza o confessione e sull’Estrema unzione. Durò dal 1 maggio 1551 al 28 aprile 1552.

C) Il Pontificato di Paolo IV, Gian Pietro Carafa – I Circoli degli Spirituali a Napoli
Tre anni dopo la fine del periodo bolognese del Concilio, cioè nel 1555, il 23 maggio 1555, veniva eletto Pontefice Gian Pietro della nobile famiglia Carafa della Stadera. (La famiglia Carafa distaccatasi dai Caracciolo assume il cognome di Carafa forse perché Concessionaria della gabella sul vino). Egli usciva da un Conclave formato da 56 Cardinali, durato dal 15 al 23 maggio, con il nome di Paolo IV. Con questo Pontefice, fondatore con S. Gaetano da Thiene dell’Ordine dei Teatini, il Concilio ebbe una brusca interruzione. Nella sua visione la Riforma o meglio la Controriforma doveva essere opera esclusivamente del Papa. Regolò con zelo la disciplina ecclesiastica, impose l’obbligo della residenza dei Vescovi, nominò una commissione per la revisione del messale e del breviario romano. Purtroppo la sua concezione riformatrice lo spingeva soprattutto in direzione della repressione di ogni dissenso. Ebbe cura soprattutto della Inquisizione che rafforzò notevolmente mettendo poi a capo di essa il domenicano Cardinale Michele Ghisleri, futuro papa con il nome di Pio V, proclamato santo soprattutto perché fu il Papa della Vittoria di Lepanto. Papa Paolo IV fece imprigionare e processare per eresia parecchi ecclesiastici: il Cardinale Giovanni Morone, che poi fu assolto dopo la morte del Carafa da Pio IV e ultimò lo stesso Concilio a Trento. Perseguitò il Card. Pole sotto l’accusa di eresia, soprattutto si scagliò contro i Circoli degli ‘Spirituali’, gli “Alumbrados”, gli illuminati. Portati in Italia dalla Spagna con Juan de Valdés, segretario dello stesso Imperatore Carlo V. Il Valdés promotore di una esperienza di spiritualità radicale rivolta a una vera riforma della Chiesa poté incontrare ecclesiastici e illustri personaggi quali Vittore Soranzo, Vescovo di Bergamo, Il cardinale Reginald Pole, Pietro Carnesecchi, Caterina Cybo, Giulia Gonzaga, erede dello stesso Valdés, Vittoria Colonna, Pietro Vermigli. Bernardino Ochino, Gerolamo Morone ecc. … Predicava un “cammino di perfezione” intorno a una coscienziosa riforma per una Chiesa “sine macula et ruga”.
Tuttavia gli Spirituali, avvicinandosi ai pricìpi luterani, sfociarono nell’eresia. Il libro il “Beneficio di Christo” del monaco mantovano Benedetto Fontanini – diffuso in tante regioni e pubblicato a Venezia con oltre 40 mila copie, tradotto in numerose lingue – causò l’arresto di numerosi ecclesiastici e attivò fortemente l’Inquisizione di Papa Carafa. Il “Beneficio di Cristo” sostiene la completa dipendenza dell’uomo da Cristo per la propria salvezza. In particolare i primi 4 capitoli espongono la dottrina della Giustificazione per la Fede.
D) Morte di Papa Carafa – Elezione di Pio IV dei Medici di Marignano – Il Concilio riprende a Trento con la Presidenza del Cardinale Ercole Gonzaga
Nell’agosto 1559 moriva Papa Paolo IV. Si aprì il Conclave il 5 settembre 1559 con la presenza di 47 cardinali. Più volte era stato proposta la candidatura del Cardinale Ercole Gonzaga all’elezione a Pontefice, sollecitata soprattutto dal cardinale Cristoforo Madruzzo di Trento che per lui manteneva un aperto apprezzamento e aveva persuaso i cardinali elettori per la sua nomina con la formula “per adorationem”, la sera fra il 22 e il 23 settembre e ripetuta il 13 dicembre: il tentativo fu sempre impedito da Alessandro Farnese e Ascanio Sforza (rappresentanti del partito spagnolo). Nella sera del 25 dicembre a Natale fu eletto Giovanni Angelo Medici di Marignano che prese il nome di Pio IV. Con l’elezione di Pio IV era stata confermata la profonda amicizia fra la Famiglia dei Borromeo con i Gonzaga. Camilla la sorella del cardinale nipote Carlo, era stata unita in matrimonio nel marzo 1560 con Cesare Gonzaga, figlio di Ferrante e nipote di Ercole. Spesso il Cardinale Borromeo perveniva a Mantova, in seguito a Guastalla per far visita alla cara sorella. Il Pontificato di Pio IV riaccese le speranze dei Prelati riformatori. La riabilitazione del Card. Morone tornato da protagonista sulla scena religiosa e la riapertura del Concilio furono segnali forti della volontà del Papa di chiudere la stagione inquisitoriale del suo predecessore e di portare a termine la ridefinizione dogmatica e istituzionale della Chiesa.
Con Bolla del 29 novembre 1560 “Ad Ecclesiae regimen”, Pio IV riaprì nuovamente il Concilio, dopo aver scelto Ercole Gonzaga quale Presidente. Ercole in un primo tempo rifiutò l’incarico della Presidenza (motivi di scarso udito), ma poi dovette accettare, per l’insistenza del Pontefice Pio IV. Partì da Mantova per Trento il 1° aprile 1561, rassegnato e pronto a consacrare tutte le sue forze al buon esito del “difficile e pericoloso” incarico. Passò le Feste pasquali a Maguzzano, nell’abbazia benedettina e assieme al Cardinale Seripando che lo aveva raggiunto a Castelnuovo (TN), il 16 aprile entrò solennemente nella città di Trento, prendendo alloggio a palazzo Thun (l’attuale municipio) assieme a un folto seguito (si legge che avesse con sé circa 160 persone). Erano soprattutto gli onorari dei Cardinali Legati che facevano “arrossire” i conti delle finanze Pontificie, circa 500 Scudi d’oro, una vera fortuna. Tuttavia ad Ercole erano sempre insufficienti per pagare il suo seguito. Si può vedere all’Archivio di Stato di Mantova la folta e dettagliata corrispondenza che giungeva ogni giorno alla Casa Gonzaga. Notizie di ogni genere che informavano il Duca Guglielmo sugli eventi del Concilio, fatti accaduti a Trento, sullo stato di salute del Cardinale, passaggi e visite di vari personaggi ecc. Nel palazzo a Prato (ora al suo posto sorge l’edificio delle Poste centrali) trovarono accoglienza i legati papali, i cardinali Marcello Cervini, Giovanni Maria del Monte e Reginald Pole; a palazzo Thun (sede del comune oggi) abitava il cardinale Ercole Gonzaga, mentre i vescovi con meno disponibilità occupavano case o stanze di minori pretese, i cui proprietari, pur di poterle affittare, si erano trasferiti in campagna. Ercole Gonzaga, l’8 giugno dello stesso anno fu consacrato vescovo nella cattedrale di San Vigilio per mano del cardinale Girolamo Seripando, arcivescovo di Salerno, assistito da Giovanni Tommaso San Felice, vescovo di Cava e da Angelo Massarelli, vescovo di Telese e segretario dello stesso Concilio.
Pio IV aveva volutamente scegliere Ercole quale Presidente dell’ultima Fase del Concilio, perché conosceva la sua capacità diplomatica e la sua lunga esperienza pastorale: infatti nel 1555 aveva emanato nella diocesi di Mantova, avvalendosi di affermati teologi, come il Vescovo suo suffraganeo, domenicano Leonardo Marini, un nuovo proprio catechismo, scritto in volgare, i cui destinatari erano sia gli ecclesiastici che i laici.
Catechismo scritto soprattutto per l’istruzione dei fanciulli della Diocesi, ampiamente ripreso dopo il Concilio di Trento nel cosiddetto “Catechismo Romano”, emanato per opera di San Carlo Borromeo nel 1564, in seguito rielaborato a Mantova dal Vescovo Giuseppe Sarto, poi Pio X e offerto in larga parte alla Chiesa Universale. Di questo ne parlerà nella Lettera del 31 Gennaio 1986 Papa Giovanni Paolo II inviata alla diocesi di Mantova in occasione del IX centenario della morte del Patrono S. Anselmo.
Dalla Lettera Apostolica del Papa Giovanni Paolo II alla Chiesa di Mantova
…. La difesa della sana dottrina, sia da parte dei pastori che dei fedeli della città lombarda (Mantova), si è tradotta in un impegno del tutto particolare per la catechesi. Così dal Catechismo diocesano, voluto dal cardinale Ercole Gonzaga (1555), e ampiamente ripreso dopo il Concilio di Trento nel cosiddetto “Catechismo Romano”, attraverso una serie di ottimi testi di catechesi, si è giunti al Catechismo diocesano, pubblicato da mons. Giuseppe Sarto e offerto più tardi, in larga parte, alla Chiesa universale col nome di “Catechismo di Pio X”. I fedeli e il clero di Mantova, in fervida comunione fra di loro e in serena unione con i loro pastori, si sono sempre adoperati a difendere la vita cristiana dai richiami della seduzione del denaro e di un facile edonismo…..
Dal Vaticano, 31 gennaio 1986, ottavo di Pontificato.
Aveva introdotto non solo nella diocesi, ma in tutto il ducato una religiosità controriformista molto intensa, pur rimanendo in vivo contatto con quei Prelati che erano stati a lungo esaminati e talvolta arrestati dal precedente pontefice Paolo IV, Carafa. La sua vicinanza politica all’imperatore aveva salvato dal carcere parecchi ecclesiastici e laici.
Molti erano giunti a Mantova per chiedergli un aiuto, poiché ricercati dall’Ufficio dell’Inquisizione: lo stesso Juan de Valdés, Giulia Gonzaga, Bernardino Ochino inseguito per eresia, Pietro Carnesecchi, il card. Morone e Pole ecc., i cosiddetti ‘Spirituali’ indagati da Papa Carafa e molti dei quali subirono il carcere.
Ercole per le sue ricche esperienze diplomatiche dei molti anni di reggenza del ducato mantovano, per la sua vasta scienza, per il suo zelo per la riforma, per le sue condizioni di Principe e la parentela con l’Imperatore e con il Papa, era senza dubbio uno dei cardinali più opportuni a presiedere il Concilio di Trento. Riusciva a mantenere i contatti con la Sede pontificia tramite il nipote Cardinale Francesco, figlio di Ferrante, signore di Guastalla. Questi, terminati gli studi a Padova, era stato inserito nella curia romana come protonotario apostolico e aveva ricevuto il titolo di cardinale nel febbraio 1561. Di lui si serviva spesso anche il Papa Pio IV per mantenere i rapporti con Trento, pur essendo il Cardinale Carlo Borromeo responsabile della corrispondenza ufficiale.
Non ostante i gravosi impegni del Concilio, Ercole non trascurava di allietare il tedioso soggiorno alpino con lauti banchetti, splendide feste durante le quali erano ammirati il fasto principesco, la liberalità e la gioconda amabilità dell’ospite. Tuttavia il Cardinale rimpiangeva la sua Corte, le belle feste di Mantova e sentiva il tormento della nostalgia della sua tanto cara città dei laghi. La vita esemplare che il Primo Prelato conduceva a Trento, la cortesia, la signorilità dei modi usati con tutti, la vivacità del suo ingegno, la cultura letteraria, filosofica e teologica, la somma prudenza erano grandemente ammirate. Da Trento pervenivano nella Curia romana ampi elogi di lui e ciò recava grande soddisfazione a Pio IV e ai suoi nipoti e dispiaceva enormemente ai rivali. La III fase del Concilio iniziò i suoi lavori solamente il 18 gennaio 1562 con il solenne Pontificale di apertura del cardinale Ercole con la Messa dello Spirito Santo. Subito iniziarono le riunioni talvolta nella Chiesa di santa Maria Maggiore per le Congregazioni Generali. Spesso i vari palazzi della città di Trento, come palazzo Calepini, Roccabruna, palazzo Thun, Ghelfi, Colico, Geremia, collegati fra loro con camminamenti o ponti di legno, divennero le sedi dei vari dibattiti dei Padri Conciliari. Oltre le dispute teologiche sono ricordate le frequenti risse che divennero sempre più frequenti e soprattutto violente fra il personale del seguito dei Padri Conciliari. Gli scontri fra la servitù degli spagnoli e degli italiani arrivarono talvolta ad eccessi con ferimenti gravi e interventi delle forze di autorità in Trento. L’opera del cardinale Ercole si fermò alla XXII sessione del 17 settembre 1562, in quanto qualche mese dopo si ammalò gravemente: morì la sera del 2 marzo 1563. Stremato dalle lunghe fatiche delle sedute, dalle schiaccianti controversie e ancor più dal rigore del clima non riuscì di sua persona a portare a termine il Concilio. Numerosissime le lettere di condoglianze giunte a Mantova per la morte inaspettata di Ercole, indirizzate al duca Guglielmo. Tuttora conservate nell’Archivio Gonzaga, le lettere del cardinale Seripando, Ludovico Simonetta, Angelo Massarelli, del Vescovo di Cremona Niccolò Sfondrati, futuro Gregorio XIV, e di numerosi altri Prelati. Un’ampia descrizione della sua malattia polmonare in una lunga lettera inviata dal medico, ora all’Archivio di Stato. Presenti a Mantova numerosi Prelati per i funerali e le celebrazioni di suffragio a lungo perdurate. E’ sepolto nella Sagrestia della cattedrale assieme al fratello Ferrante. Il Concilio terminò il pomeriggio del 4 dicembre 1563 nella cattedrale di San Vigilio con le parole del Cardinale Morone: “Post actas Deo gratis”, con l’approvazione degli ultimi decreti sottoscritti ai piedi del Crocefisso ligneo, custodito attualmente nell’omonima cappella barocca, in cattedrale.

a cura di Luigi Mignoli